PEI

scelte-PEIChe cos’è il PEI?

PEI è l’acronimo di Piano Educativo Individualizzato. Il PEI si inserisce tra gli strumenti che la scuola ha a disposizione per rispondere al meglio allo sviluppo (formativo, educativo e didattico) di alunni che presentano un qualche tipo di disabilità (anche intellettiva) e che hanno dunque Bisogni Educativi Speciali (BES).

Il riferimento legislativo principale del PEI è la legge n° 104 del 1992.

Il PEI è un documento in cui vengono inserite tutta una serie di obiettivi individuali e di misure, specifici per quel particolare bambino o ragazzo, atti a consentire allo studente con disabilità di raggiungere i propri obiettivi di vita ma anche didattici ed educativi. Nel formulare questo documento, lo sguardo dovrebbe essere sempre rivolto al benessere della persona, perché in fondo è di una persona che si sta parlando.

Quindi il PEI, prima di essere un documento, è un progetto di vitanon è solo un atto burocratico della scuola. Il PEI è uno strumento, è un progetto di vita per una persona, non è solo “una carta”! Ci tengo pertanto a sottolineare che il PEI deve essere applicato. Mi rendo conto che sia le famiglie che la scuola si muovono tra mille difficoltà di carattere economico, burocratico e culturale, ma, ripeto, bisogna che l’aiuto che stiamo dando a quel particolare bambino o ragazzo sia reale e non solo teorico.

Ma in cosa consiste questo progetto di vita?

Ogni bambino, nonostante una disabilità, ha delle risorse, ha un potenziale di sviluppo e ha degli obiettivi raggiungibili, in termini di sviluppo psicologico, di autonomia, di interazione sociale e di benessere: ogni persona, nonostante qualche disabilità, ha proprie abilità e può raggiungere nel tempo propri obiettivi di vita che lo portano a migliorare sempre di più la propria qualità di vita e (perché no?!) essere felici.

Possiamo dire che il PEI è un progetto nel quale vengono individuati quali sono le difficoltà di quel particolare ragazzo, quali sono le sue risorse personali (abilità), i suoi obiettivi di vita (non decisi solo dagli specialisti!), gli ostacoli ambientali (nei vari contesti di vita del bambino) che impediscono una piena realizzazione personale e le risorse ambientali (anche qui nei vari contesti di vita) su cui far leva. In questo progetto si individuano quindi:

  • il “cosa” si può fare,
  • e il “come” farlo, ovvero modalità e mezzi.

Tale progetto di vita ha lo scopo di realizzare il benessere di quel particolare bambino, nonostante la disabilità. Per realizzare ciò è molto importante la partecipazione di tutte le figure che si prendono cura del bambino: famiglia, scuola, ASL, genitori, insegnanti (tutti) e specialisti (psicologi, psicoterapeuti, neuropsichiatri infantili, logopedisti).

Pertanto, nel formulare e realizzare il progetto di vita di una persona, è importante tenere bene a mente quali sono le sue difficoltà ma anche le sue risorse, quali sono le disabilità ma anche quali sono le abilità, cosa riesce o non riesce a fare ATTUALMENTE e cosa potrebbe essere in grado di fare fra qualche tempo, come si possono potenziare le abilità presenti e come migliorare le aree in cui emergono difficoltà; in una parola piuttosto tecnica, bisogna aver ben presente il suo Profilo Dinamico di Funzionamento (ICF, Organizzazione Mondiale della Sanità). E’ qui che è molto importante il ruolo dello specialista: per poter stendere e avviare un buon progetto di vita è fondamentale che lo psicologo (o il neuropsichiatra infantile) faccia una buona Diagnosi Funzionale (ICF, Organizzazione Mondiale della Sanità), cioè una diagnosi che non si fermi a valutare cosa il bambino non sa fare attualmente ma una diagnosi che espliciti non solo i suoi punti deboli ma anche i suoi punti di forza e che, tenendo presenti ostacoli e risorse ambientali (ad esempio economiche e culturali), suggerisca alla famiglia e alla scuola modalità di intervento adeguate per lo sviluppo e il benessere di quella specifica persona.

Per aiutare davvero i bambini e i ragazzi con disabilità è fondamentale costruire un buon progetto di vita, ma per farlo occorre partire da una buona diagnosi funzionale.

Quando si usa il PEI?

Il PEI viene utilizzato in casi di alunni che hanno una certificazione (dell’ASL) di disabilità, ovvero nel caso in cui vi siano le condizioni per l’applicazione della legge 104/92.

Chi fa il PEI?

L’Unità Multidisciplinare per l’Età Evolutiva (U.M.E.E.) della ASL (costituita da almeno un operatore di ciascuna figura professionale tra neuropsichiatria infantile, psicologo dell’età evolutiva, assistente sociale, terapista della riabilitazione, psicomotricista, logopedista) formula la diagnosi funzionale ed esplicita la quantità e le modalità dell’intervento, se e quanto è necessario l’insegnante di sostegno alla classe e redige il PEI. Questo è ciò che dovrebbe avvenire secondo la normativa. Di fatto, però, in molti casi, dato che le ASL sono spesso “intasate”, per aiutare l’alunno in tempi utili, è la scuola (spesso gli insegnanti di sostegno) a stenderlo e a sottoporlo poi alla ratifica dell’Unità Multidisciplinare per l’Età Evolutiva. Sarebbe auspicabile sempre che il PEI venga redatto dall’Unità Multidisciplinare in collaborazione con la scuola e la famiglia, insieme. Sono dell’idea che il PEI sia uno strumento che funziona bene se viene applicato e se si riesce a fare rete, ovvero ottenere la partecipazione e la collaborazione di tutte le figure coinvolte nel presa in carico del bambino/ragazzo con bisogni educativi speciali, cioè la collaborazione tra famiglia, scuola e specialisti.

A proposito di insegnante di sostegno: voglio ricordare che l’insegnante di sostegno viene assegnato alla classe per favorire il processo di integrazione, non è assegnato all’alunno; aiuta tutta la classe, non solo lo studente con disabilità!

Il PEI è temporaneo?

Essendo uno strumento, il PEI viene utilizzato fintanto che serve. Sicuramente, essendo uno strumento utilizzato in caso di disabilità, è poco probabile che non serva; quindi, fino a che c’è una certificazione di disabilità, il PEI è utile all’alunno, alla famiglia e alla scuola. Questo non significa che una volta fatto rimane lo stesso per tutta la vita scolastica dello studente. Il PEI infatti va sempre verificato (può essere verificato anche in itinere), cioè va valutato se gli obiettivi fissati sono stati raggiunti, se no perché e quali cambiamenti possono essere messi in atto per poter raggiungere gli obiettivi fissati o altri sopraggiunti e importanti.

Il PEI di solito, se non sopraggiungono particolari condizioni, è annuale e deve essere stilato ad ogni inizio anno scolastico sulla base della diagnosi funzionale la quale deve essere formulata entro il 30 luglio dell’anno precedente a quello in cui si intende applicare il PEI.  Il PEI può essere modificato in base alle specifiche necessità della persona che sopraggiungono e al suo specifico percorso di sviluppo che sta compiendo.

Tornando alla domanda iniziale, possiamo dire che il PEI di solito non è temporaneo ma nulla impone di tenerlo, dipende dal “funzionamento” dell’alunno e quindi dalla diagnosi funzionale.

Qual è la differenza tra PEI e PDP?

PEI e PDP sono due strumenti che la scuola ha a disposizione per intervenire nei casi di Bisogni Educativi Speciali (BES) ma sono strumenti diversi che si usano quindi in circostanze diverse. Entrambi hanno il fine ultimo di aumentare il benessere dell’alunno sia nel contesto scolastico che in quello di vita quotidiana. Vediamo le differenze più in dettaglio.

Il PEI è un progetto di vita che coinvolge vari aspetti della vita del bambino/ragazzo come ad esempio l’autonomia e l’integrazione scolastica e comprende anche aspetti di vita scolastica quali le modalità di didattica e di apprendimento. E’ utilizzato in caso di alunno con un qualche tipo di disabilità (con certificazione dell’ASL e che rientra nell’applicazione della legge 104/92).

Il PDP invece riguarda aspetti più strettamente didattici e di apprendimento del bambino con Bisogni Educativi Speciali; si utilizza in presenza di:

  1. alunni con certificazione di Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA), si applica la legge 170/10;
  2. alunni con altra diagnosi, come ad esempio ADHD, Disturbo del Linguaggio, Disturbi della coordinazione motoria e non verbali, o qualsiasi altra diagnosi che metta lo studente in condizione di bisogno educativo speciale (in questo caso si fa riferimento alla normativa sui BES)
  3. studenti che vivono situazioni di svantaggio socio-economico, linguistico e culturale (ad esempio alunni stranieri); anche in questo caso ci si riferisce alla normativa sui BES.

 


 

Per un approfondimento sul tema PEI, vai alla pagina dedicata sul sito del MIUR.

 

Per un approfondimento sul tema PDP, vai alla pagina “PDP”.

 


 

P.S.: l’argomento PEI, soprattutto relativamente alle procedure di richiesta, avvio e messa in atto, nei fatti non è sempre lineare e facile, dipende molto dai singoli casi e dalla “prontezza” delle ASL. Per qualsiasi cosa chiedetemi pure un chiarimento o lasciando un commento qui sotto o contattandomi qui, proverò a rispondere ai vostri quesiti 🙂